La nostra società è organizzata secondo un calendario
(gregoriano) che detta, per comodità, i tempi della nostra esistenza e del
nostro convivere civile.
Più o meno quotidianamente siamo invitati a rispettare
scadenze e non dimenticare quelle future.
Infatti il primo giorno dell’anno certifica che il precedente
si è chiuso, infatti il primo giorno dell’anno se certifica che inizia un anno
nuovo non certifica l’inizio d’una azienda nuova né di un uomo nuovo: caso mai
ne certifica l’anzianità.
I nostri bilanci sono annuali, siamo abituati a
ragionare in tal senso tanto che ci raccontiamo com’è andato il ’17 ed il ’18 e
come spero andrà il ’19, idem per gli investimenti, i progetti ecc.
Nei fatti, invece, ogni giorno procede al precedente
ed il 15 dicembre 2018 non è molto diverso dal 15 gennaio 2019 solo perché nel
frattempo si è modificato il calendario.
Desidero sottolineare che il nostro scadenziario muta
non a causa d’un tempo che trascorre più o meno organizzato bensì al mutare di ben
altre situazioni.
Ne viviamo di tutti i tipi e ci provocano i più
svariati sentimenti; ci obbligano, queste sì, a riflettere sulla vita personale
e dell’azienda e poco hanno a che vedere con i tempi dettati dal calendario.
“Entro il… devo realizzare… vorrei raggiungere… dovrei
diventare… il progetto dev’essere concluso…”
Quanta fatica, fatica vera, sia chiaro, ma il nostro
presente com’è?
Il nostro presente ha origine dal nostro sentire ed il
nostro sentire è spesso condizionato da quanto ci giunge dall’esterno, al punto
che diventiamo sordi a noi stessi.
Ma è davvero importante tutto ciò?
Il costo del carburante sale e scende, influisce sul
bilancio dell’azienda, il bilancio dell’azienda sul mio umore?
Il costo del personale sale, influisce ecc. ecc.? Però
non troviamo autisti e cominciamo a pagarli un po’ di più, anche per altri
motivi, e la marginalità aziendale tende a ridursi…
Il Governo ci aiuta con provvedimenti oggettivamente
indispensabili ma nel nostro settore si presentano soggetti apparentemente più
competitivi… Il nostro bicchiere è sempre
mezzo vuoto.
E’ questo il nostro presente? Ed ancora, è davvero
importante tutto ciò?
Da anni svolgiamo l’attività di autotrasportatore, da
anni abbiamo aggiunto qualche altro servizio, da anni ci sentiamo imprenditori
in lotta, da anni desideriamo qualcosa che sembra non arrivare mai.
E tutto ciò, anno dopo anno, quasi che il calendario
fosse ininfluente.
Torno necessariamente al presente ed a qual è il
sentire che ci conduce ed influenza l’umore.
Ogni giorno in azienda, chiamati a fare scelte,
sviluppo un pensiero che guarda al problema con sguardo positivo o negativo.
La cosa più facile è riconoscere le difficoltà, la
cosa più facile è intravvedere difficoltà ovunque, la cosa più facile è
stancarsi di vedere solo difficoltà.
Mi chiedo se è questo lo sguardo che mi aiuta a vivere
il presente, mi chiedo se questa è la realtà, mi chiedo perché è diventata così
pesante.
Poi telefono in associazione, qualche volta una luce
si accende, il nostro presente è un po’ meno pesante, il nostro bicchiere un
po’ meno vuoto, il nostro sguardo un po’ si trasforma, il calendario non si
ferma ma diventa un po’ più ricco.
Un momento, ma qual è il presente dell’associazione?
E’ la somma dei “nostri presenti” intesi come associati
ed in parte come dipendenti dell’associazione?
Vi confido che non ho una risposta netta, vi confido
che è forte il desiderio di uno sguardo positivo anche di fronte alle
preoccupazioni che a volte non fanno dormire, perché una cosa l’abbiamo
imparata: pensar male è la cosa più facile e non serve a nulla, un sentire che
ammorba l’umore e spegne ogni luce.
E’ individuare un pensiero positivo più difficile, a
volte complicato, certamente impegnativo, ma è l’unico utile a tutti noi, anche
se a volte ci scoccia riconoscerlo perché potrebbe essere un pensiero
“scomodo”.
Questo vuole essere il mio augurio per l’anno 2019?
No, questo è il mio augurio extra-calendario, che il
pensare positivo ci accompagni nella vita, ogni giorno, non solo nell’ambito
del lavoro, l’augurio che la ricerca d’un pensar bene diventi uno stile per non
accontentarci di sentirci sconfitti.
Anche quest’anno (ahi, ahi, ahi, ci risiamo con la
quota associativa che è annuale…) ci incontreremo per parlare dei nostri
argomenti ma non abbiamo in calendario ricorrenze particolari come accadrà il
prossimo anno per il rinnovo delle cariche associative.
Continueremo a vigilare, continueremo ad ascoltare, ci
impegneremo, per quanto ci sarà possibile, a pensare bene perché a pensare male
son già in tanti.
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